Dove siamo Venezia
Una città pericolosa
Troppa bellezza sconvolge. Osservate gli sguardi smarriti e l’espressione vacua di chi viene a Venezia per la prima volta e, frastornato, fotografa persino le chiatte della spazzatura. Venezia ti toglie il senno e ti immerge nel suo fascino stuporoso, da cui è impossibile risvegliarsi.
Indossa occhiali da sole molto scuri: proteggiti. Venezia può essere letale. In centro storico la radioattività estetica è altissima. Ogni scorcio irradia bellezza; apparentemente dimessa: profondamente subdola, inesorabile. Il sublime gronda a secchiate dalle chiese, ma anche le calli senza monumenti, i ponticelli sui rii sono come minimo pittoreschi.
[Tiziano Scarpa, Venezia è un pesce]
Piccolo mondo acquatico
Una città con una sola strada e una sola piazza, con due vie e infiniti percorsi che prendono il loro senso dalla presenza dell’acqua: si cammina su canali interrati, si costeggiano le vie d’acqua su banchine che a volte si chiamano “riva” e a volte “fondamenta”.
I campi fioriscono, non di vegetazione, ma di pietra scolpita e lavorata.
Venezia è pericolosamente unica e bella e colpisce dritto al cuore.
L’arte di far galleggiare le pietre
I valenti mastri costruttori che edificarono Venezia compresero di non poter lavorare sulla rigidità delle strutture, pena il loro cedimento.
Nulla era fisso e rigido, tutto fluttuava e galleggiava e doveva essere necessariamente instabile. Solo assecondando le spinte e i movimenti del moto ondoso si sarebbe incontrato il punto di apparente staticità.
Ancor oggi la nostra abilità consiste nel
– capire come elementi a prima vista disgiunti possano trovare un equilibrio tra loro
– intervenire senza alterare il delicato meccanismo invisibile che li tiene uniti, benché non legati.
La staticità va contro l'equilibrio
A Venezia fu dato molto spazio alle finestre per garantire una buona irradiazione della luce naturale e di conseguenza le strutture portanti funzionavano per ancoraggi puntuali.
Ogni mezzo convergeva verso il centro come un castello di carte: un modo unico di concepire le strutture.
Sfortunatamente le attuali norme antisismiche hanno stravolto questo processo e ora ogni elemento viene bloccato, mettendo a rischio gli edifici e trasformando la precedente armonia in pericolosa staticità.
Un cantiere a Venezia, ma chi ce lo fa fare?
Aprire un cantiere a Venezia è un’impresa che rasenta l’eroismo.
Abbiamo limitazioni nell’uso dei materiali.
Rivestimenti che non sono permessi.
Divieto di fare cappotti termici, in quanto non rispettano gli spazi di ingombro.
Proibizione assoluta di utilizzare materiali acrilici e sintetici.
Severe norme riguardanti i colori degli esterni, che non possono essere scelti a piacere, nemmeno nella multicolore Burano, che è comunque normata.
Dove la semplicità diventa complicata
Quando si trattano le facciate si ha l’esigenza di erigere le impalcature.
Altrove si tratta di elementi semplici.
A Venezia no.
A volte le impalcature vengono addirittura montate di notte perché si possono verificare situazioni particolari.
Problemi di transito in calli anguste o passaggi densamente frequentati; problemi di dimensioni e di forme perché sul cantiere spesso si arriva solo con la barca oppure a piedi, trasportando a mano tubi, travi, ferramenta e attrezzatura.
Solo per amore
Con il passare del tempo e il dilavamento di solito il colore si sbiadisce, ma dovendo usare prodotti a base naturale con traspirabilità garantita, ci premuriamo di fare in modo che durino nel tempo, mantenendo inalterato il colore e proteggendo la facciata.
Vanno rispettati i fregi, le cornici delle finestre, i davanzali, i ballatoi e le grondaie in marmo.
Vanno rispettati i marmi, gli archi e tutti quegli elementi decorativi da lasciare in evidenza, che fanno parte integrante della struttura come le valanghine.
Vanno rispettate le modanature, cioè le forme in pietra o mattone che danno un movimento estetico e una decorazione alla facciata.
Ci sono molteplici norme e limitazioni, anche onerose, che vengono affrontate di buon grado, perché quello che ci guida è l’amore per la nostra Venezia.
Fare il bene della città
I materiali ammessi sono per lo più naturali o a imitazione di quelli originali, per mantenere inalterate l’atmosfera e la storicità, seguendo una procedura coerente con lo stile architettonico su cui si va a intervenire.
Come intonaco si possono usare solo sabbia e calce, non mattoni a vista, a parte alcune eccezioni dove fu usato in origine, come per esempio le chiese di San Pantalon e dei Frari e il Molino Stucky.
Gli intonaci colorati in pasta si possono usare su 2, a volte 3 strati: lo strato grezzo di 15/20 mm alla base più la finitura di circa 3 mm, entrambi colorati. Il colore dell’impasto oggi è di produzione industriale, oppure vengono usate le terre naturali, gli ossidi, oppure le terre colorate, il cocciopesto, che proviene dal cotto.
La maestria degli antichi
I costruttori veneziani furono abili nello studiare le conoscenze dei loro predecessori per adottarne le tecniche adattandole alle loro esigenze.
È il caso del cemento pozzolanico che si usa in presenza di acqua, ricavato con procedimento naturale unendo la pozzolana (cenere vulcanica di Pozzuoli) alla calce. I Romani lo usavano nello scavo dei pozzi. Al contatto con l’acqua il composto produceva una reazione chimica che lo trasformava in durissimo cemento.
La Venezia primitiva si trovava ad Altino, ed era nata su vecchi insediamenti romani, perché i veneziani erano usi utilizzare materiali di facile reperibilità a breve distanza.
Dal legno alla pietra
Le prime case di Venezia erano in legno.
La pietra comparve nel XV secolo nel momento del massimo sviluppo dei commerci e del potere de La Serenissima.
Venezia è una testuggine: il suo guscio di pietra è fatto di macigni di trachiti (masegni in veneziano) che lastricano le strade. È tutta pietra che viene da fuori: come ha scritto Paolo Barbaro, quasi tutto ciò che vedi a Venezia viene da qualche altra parte, è stato importato o trafficato, se non razziato.
[Tiziano Scarpa, Venezia è un pesce]
Venezia, come te non c’è nessuna
Solo a Venezia si trovano determinate strutture, già nelle isole o sulle barene le costruzioni sono diverse.
Esaltiamo la sua unicità con finiture di pregio: marmorini a imitazione marmo, fatti con impasto di polvere di marmo e calce, stesi sul cocciopesto, che conferisce corposità e profondità.
Di solito in edilizia si utilizzano pietre, marmi e graniti, la cui differenza è determinata dalla durezza. A Venezia invece vanno preferite pietre più porose, come la candida pietra d’Istria, che meglio si adattano alle condizioni dell’acqua salmastra.